
D’azzurro alla torre d’argento, chiusa, finestrata e murata di nero, merlata di tre alla ghibellina, accostata a destra da una pianta di grano e a sinistra da una di mais al naturale; il tutto su terrazza di verde e sormontata da quattro corone all’antica d’oro, ordinate in fascia nel capo.
Il paese di Brenna con le frazioni di Olgelasca e Pozzolo fece parte del monastero di San Maurizio di Milano e successivamente del monastero di San Vittore di Meda. Appartenne in seguito alla pieve di Mariano, compresa nel Contado della Martesana. Lo stemma è riconducibile, con molta probabilità, all’etimologia del paese, in lingua celtica bren, che secondo alcuni studiosi vuol dire capo. E proprio nella parte alta dello scudo, appunto il capo, sono state poste le quattro corone all’antica d’oro a simboleggiare l’appartenenza di queste terre alle famiglie feudatarie, cioè i Mandello, i Marliani, i Giussani e i Crivelli. La torre ricorda la vecchia roccaforte, che ancora oggi prende il nome di Castello, di cui ormai non rimane alcuna traccia. Secondo gli storici venne ceduta dal duca di Milano Galeazzo Maria Visconti al fratello Polidoro Sforza Visconti, che, a sua volta, non avendo eredi, la cedette al cancelliere Gianni Moro. Le piante di grano e di mais rievocano l’origine rurale del borgo, un centro esclusivamente agricolo, che negli ultimi decenni ha subito una rapida trasformazione verso un’economia di tipo artigianale. Lo stemma fu approvato con il decreto del presidente della Repubblica del 17 maggio 1978.